Molte volte il dibattito sulle costruzioni si gioca sul piano del peso che questo settore ha sull’economia, ma i conti non sono sempre chiari, e spesso non tengono conto di che cos’è realmente il settore delle costruzioni. Certo in alcuni casi si esagera anche. Ma i conti in realtà si possono fare correttamente seguendo diverse metodologie che ci aiutano a comprendere il reale peso delle costruzioni sul sistema economico. Il Prodotto Interno Lordo è l’indicatore più utilizzato per misurare la crescita economica in quanto rappresenta il risultato finale dell’attività di produzione delle unità produttrici residenti e può essere misurato dal lato della produzione, dal lato della spesa e anche dal lato dei redditi. Qui lo analizziamo attraverso le prime due metodologie.
Il PIL misurato dal lato della produzione è dato dal valore aggiunto delle unità produttive residenti, addizionato dalle imposte sui prodotti e al netto dei contributi ai prodotti; il PIL misurato dal lato della spesa è la somma degli impieghi finali ai prezzi d’acquisto comprensiva del valore delle esportazioni di beni e servizi, meno il valore delle importazioni di beni e servizi.
Nel 2022 il PIL italiano stimato dall’ISTAT, è pari 1.946,479 miliardi di euro (valori correnti, dati grezzi a prezzi base).
Seguendo i dati di Contabilità Nazionale per valutare il peso delle costruzioni dal lato della produzione possiamo contare sulla stima del valore aggiunto che è la principale voce che concorre alla determinazione del PIL (insieme all’ IVA, alle imposte indirette nette sui prodotti e alle imposte sulle importazioni). Nel 2022 il valore aggiunto delle costruzioni stimato dall’ISTAT è pari a 94,170 miliardi di euro, il 5,4% del valore aggiunto totale (1.750,705 miliardi). La differenza tra valore aggiunto nazionale e PIL è data dai 195,774 miliardi di euro determinati dalla stima di IVA, imposte indirette nette sui prodotti e imposte sulle importazioni. I dati forniti dalla Contabilità nazionale non ci dicono la quota parte di IVA, imposte indirette nette sui prodotti e imposte sulle importazioni afferenti al settore delle costruzioni, non è quindi corretto come alcune volte viene fatto di misurare il valore aggiunto delle costruzioni sul PIL, il cui esito è 4,8%. Quindi, in sostanza, secondo questa prima analisi le costruzioni rappresenterebbero il 5,4% della ricchezza prodotta nel 2022 in Italia, misurata in termini di valore aggiunto. Ed è questa la principale rappresentazione del peso economico del settore delle costruzioni nel nostro Paese che viene utilizzata. Un settore importante, ma in fondo, non così importante.
Il valore aggiunto è dato dalla sottrazione dal valore della produzione dei costi intermedi. Il valore aggiunto porta quindi a dividere l’impatto che l’attività di una branca produttiva ha sulle altre attività economiche, nel sistema economico vi sono attività che hanno più impatti di altre. Sappiamo dalle tavole input-output che l’attività delle costruzioni attiva grande parte delle altre branche produttive. lo studio svolto da ANCE e ISTAT/Contabilità nazionale sulle tavole intersettoriali del 2014 mostra che il settore delle costruzioni acquistava prodotti o servizi da 31 settori economici su 36, e che solo il 2,6% degli acquisti era importato. Le costruzioni hanno una filiera lunga, e per misurare l’impatto sul sistema economico nazionale delle costruzioni attraverso il valore aggiunto dovremmo misurare l’impatto determinato dall’attività delle costruzioni sul valore aggiunto degli altri settori economici. Il CRESME qualche tempo fa ha sviluppato una analisi delle tavole intersettoriali dell’economia del 2017 che portava alla seguente stima: fatto 100 il valore aggiunto delle costruzioni, il valore aggiunto attivato dalle altre branche produttive era pari a 66,7. Se questa analisi è corretta il valore aggiunto delle costruzioni nel 2022 pari a 94,17 miliardi per la branca delle costruzioni dovrebbe essere incrementato di 62,3 miliardi di euro, misura del valore aggiunto attivato grazie alle costruzioni dalle altre attività. Si giungerebbe così a un totale di 156,98 miliardi, passando dal 5,4% del valore aggiunto nazionale al 9%. Ma per avere dati ufficiali possiamo ricorrere a un’altra modalità di stima.
L’analisi del PIL dal lato della Spesa ci consente di leggere come l’ISTAT scompone il PIL nelle voci dei Consumi, degli Investimenti, delle Esportazioni, delle Importazioni e della Variazione delle Scorte. Gli investimenti sono costituiti dalle acquisizioni (al netto delle cessioni) di capitale fisso effettuate dai produttori residenti, a cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni non prodotti (ad esempio i terreni). Il capitale fisso consiste di beni prodotti, destinati a essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore a un anno. All’interno della voce investimenti è stimata la voce investimenti in costruzioni che nel 2022 è pari a 219,291 miliardi di euro, che sono pari all’11,3% del PIL 2022. (Valore non distante alla stima operata sul valore aggiunto esaminata in precedenza).
Ma l’attività delle costruzioni non è fatta solo di investimenti, è fatta anche di attività di manutenzione ordinaria che non rientra nella tipologia di prodotto che viene utilizzata nei processi produttivi per un periodo superiore ad un anno: infatti mentre “le spese di manutenzione straordinaria, essendo volte ad incrementare la vita utile o la produttività dell’immobilizzazione, sono costi di natura pluriennale che possono essere capitalizzati e cioè iscritti ad incremento del valore del bene, le manutenzioni ordinarie, finalizzate a mantenere in efficienza le immobilizzazioni tecniche e gli interventi di riparazione, eseguiti per riparare guasti e rotture, rappresentano costi di esercizio”. Secondo le stime del CRESME questo tipo di attività che riguarda l’edilizia residenziale, l’edilizia non residenziale e le opere del genio civile ha un valore pari a 49,5 miliardi di euro. Del resto non si può pensare che un intervento di un idraulico per riparare un rubinetto, o di un elettricista per una presa elettrica, o un piccolo intervento sulle murature, non sia afferente all’attività svolta dal settore delle costruzioni. Se questa stima è valida, una parte importante delle costruzioni non ricade negli investimenti ma nei consumi di famiglie, imprese e settore pubblico. Così l’attività delle costruzioni sommando investimenti e manutenzione ordinaria salirebbe a 268,8 miliardi di euro, pari al 13,8% del PIL 2022. Un settimo del PIL italiano dipende dalle costruzioni.
Ma strettamente collegato al settore delle costruzioni è il mercato immobiliare, il cui valore aggiunto nel 2022 è stimato dall’ISTAT in 226 miliardi di euro (al netto di IVA e imposte dirette). Questa stima è frutto dell’attività immobiliare e della voce “fitti imputati”. Più precisamente, nella contabilità nazionale europea i fitti imputati sono definiti come una misura del valore di utilizzo di una proprietà detenuta dal proprietario stesso. (Questo non accade per gli immobili non residenziali). L’analisi svolta nel XXXIV Rapporto Congiunturale CRESME sui fitti imputati e la crescita economica mostra come questi incidano per il 67% sulla determinazione del valore aggiunto immobiliare; se applichiamo questa percentuale ai 226 miliardi del 2022, otteniamo che 151 miliardi sono i fitti imputati e 75 miliardi il valore aggiunto delle compravendite immobiliari.
In ogni caso se si sommano investimenti in costruzioni+ manutenzione ordinaria+ valore aggiunto immobiliare si raggiunge il valore di 494,8 miliardi di euro, il 25,4% del PIL del Paese. Un quarto dell’economia italiana dipende dal mondo dell’ambiente costruito.