Le Commissioni Politiche UE di Camera e Senato hanno concluso l’esame, per i profili di verifica della conformità ai principi di sussidiarietà e proporzionalità, della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (COM(2023) 533 definitivo).
In entrambi i Documenti di indirizzo al Governo approvati dalle Commissioni, sono state espresse criticità e rilievi rispetto ai contenuti dell’atto UE, che riprendono in parte le osservazioni ANCE espresse in audizione alla Camera e veicolate anche al Senato (vedi notizia del 15 novembre scorso).
In particolare, si evidenziano, nella Risoluzione approvata dal Senato:
“In primo luogo, non si condivide il ricorso all’atto giuridico del regolamento, la cui diretta applicazione negli Stati membri non è necessaria ai fini della riduzione dei tempi di pagamento, mentre la direttiva costituisce uno strumento più idoneo a tenere conto delle diversità socio-economiche e amministrative tra i vari Paesi, con particolare riferimento alla gestione del ciclo di spesa e ai tempi di pagamento. Peraltro, la proposta va a incidere su un assetto giuridico consolidato, posto che il tema del ritardo dei pagamenti era stato affrontato in sede europea sempre con la direttiva: dapprima la direttiva 2000/35/CE e poi la direttiva 2011/7/UE”
“In secondo luogo, non si condivide la scelta di definire per legge il termine massimo e inderogabile di pagamento, incidendo così in modo sproporzionato sulla libertà e l’autonomia contrattuale delle parti, posto che le tempistiche dei pagamenti costituiscono una delle diverse componenti dell’assetto contrattuale, rimesso alla libera contrattazione delle parti, e consentono di adeguare e modulare i rapporti commerciali tra le imprese alle specifiche e differenti esigenze”
“L’autonomia negoziale rappresenta, invece, un principio fondamentale per il buon funzionamento della contrattazione tra le parti, idoneo a consentire l’esercizio del diritto dei contraenti di stabilire le condizioni del loro accordo contrattuale, adattandolo alle specifiche esigenze e circostanze di ciascuna situazione, la cui tempistica può variare a seconda del tipo di impresa, del tipo di servizio o prodotto fornito e delle negoziazioni tra le parti coinvolte”;
“La salvaguardia dell’autonomia negoziale in ambito privatistico è quindi un valore da tutelare, mentre una revisione della direttiva che produca un’eccessiva compressione della libertà contrattuale rischia di esulare dalle competenze concorrenti dell’UE in tema di mercato interno, incidendo in maniera sproporzionata sulle discipline nazionali in tema di ordinamento civile sulle obbligazioni pecuniarie (..)”;
“In quarto luogo, si ritiene eccessivo anche il grado di riduzione dei tempi di pagamento, ottenuto anche con l’eliminazione di qualsiasi tipo di deroga e la nullità di ogni diversa clausola contrattuale o prassi commerciale, che potrebbe avere un impatto significativo sull’intero sistema imprenditoriale e sui conti pubblici.
L’eccessiva riduzione dei tempi massimi di pagamento, senza possibilità di eccezione, rischia infatti di ottenere un effetto contrario a quello desiderato di aiutare l’economia, soffocando la liquidità delle piccole e medie imprese che devono far fronte ai pagamenti, magari avendo grandi quantità di crediti ancora insoluti con altre imprese o con la pubblica amministrazione”;
“Infine, appaiono in ogni caso condivisibili le disposizioni contenute nella proposta di regolamento che impegnano gli Stati membri a rafforzare l’applicabilità della disciplina sui ritardati pagamenti mediante mezzi di ricorso efficaci. Nelle transazioni tra imprese, infatti, al fine di tutelare la parte più debole, più che stabilire norme più stringenti sui tempi di pagamento, occorre rafforzare il contrasto agli abusi, mediante gli strumenti di tutela giudiziaria o procedure alternative (ADR o istituzione di apposite autorità nazionali preposte ai reclami) che possano concludersi in tempi brevi e con costi sostenibili.
Nel Documento approvato dalla Camera:
“in particolare la fissazione, all’articolo 3, di un termine massimo unico di pagamento di 30 giorni nei rapporti tra imprese ne pregiudicherebbe la libertà, nell’esercizio della iniziativa economica privata, di individuare condizioni di pagamento differenti, considerando anche la diversa esposizione al credito e al settore finanziario che intercorre tra grandi e piccole-medie imprese. Le tempistiche dei pagamenti rappresentano, infatti, una delle molteplici componenti contrattuali che consentono di adeguare i rapporti commerciali tra imprese alle specifiche e differenti esigenze di filiera.
In tal modo la proposta rischia di compromettere in modo significativo le dinamiche di mercato e di incidere negativamente sulla concorrenza, tenuto anche conto che le imprese possono cercare fornitori che offrono condizioni di pagamento favorevoli”;
“nell’ambito delle transazioni tra privati, inoltre, termini inderogabili di pagamento, con interessi moratori obbligatori, potrebbero costituire strumenti utilizzabili dalle imprese più forti per ottenere più facilmente il soddisfacimento dei propri crediti o, comunque, per esercitare indebite pressioni, contrastando l’obiettivo dichiarato della Commissione europea di voler limitare, a beneficio delle PMI, l’asimmetria nel potere contrattuale tra clienti di grandi dimensioni (debitori) e fornitori più piccolo (creditori) spesso presente sul mercato”
“rilevata, altresì, l’esigenza di valutare nel corso del negoziato l’opportunità di modificare la proposta al fine di evitare che l’eventuale introduzione di un termine di pagamento di 30 giorni nei rapporti tra appaltatore e subappaltatore risulti penalizzante per l’appaltatore che si trovasse a subire «a monte» un ritardo nei pagamenti da parte della committenza pubblica. In merito si potrebbe favorevolmente valutare di subordinare la decorrenza dei termini di pagamento nei confronti dei subappaltatori all’avvenuto incasso delle somme spettanti all’appaltatore da parte dell’amministrazione”.